Il ritiro dei sensi: La Sfida del Ritiro dei Sensi nell’Era Moderna
Oggi, il vero “challenge”, la vera sfida nello yoga, è lavorare sul ritiro dei sensi. Perché? Semplicemente perché siamo bombardati di stimoli. Dieci anni fa, un maestro diceva che si era chiuso un capitolo dello yoga, quello dei corsi per insegnanti basati solo sulle tecniche fisiche. Per l’era attuale, non è più sufficiente imparare le asana o concentrarsi solo sull’aspetto esteriore e sensoriale. È necessario lavorare sul ritiro dei sensi.
Pensa all’inquinamento digitale: i telefoni, le onde. L’utilizzo e la dipendenza dai cellulari sono un tema cruciale. Il ritiro dei sensi diventa ancora più potente in quest’epoca. Siamo costantemente in attesa di un messaggio, a guardare il telefono mille volte, e questo non va bene. Ci stiamo allontanando dalla tradizione dello yoga, che non punta all’alimentazione continua della parte sensoriale. Alimentare costantemente i sensi compromette la possibilità di ridurne l’aggancio.
Pratyahara non è una pratica solo per asceti o per chi è molto avanzato. È un insieme di pratiche che possono essere innescate nella nostra vita quotidiana e che vanno a ridurre la dipendenza sensoriale. L’arte e la scienza del rilassamento consistono proprio nel cogliere questi strumenti, utilizzarli e portarli nella vita di tutti i giorni. Questa è la chiave di volta dello yoga che verrà praticato in futuro.
Oltre le Asana: L’Essenza Profonda dello Yoga
Nello yoga, qualsiasi cosa facciamo ha l’obiettivo di ritirare i sensi. Purtroppo, nello yoga moderno, questa cosa si è un po’ persa. Siamo finiti fuori strada, concentrandoci troppo su esperienze sensoriali superficiali come spa e massaggi. Se continuiamo ad alimentare solo la parte sensoriale, ci allontaniamo progressivamente dalla vera essenza dello yoga.
Quindi, la sfida oggi non è imparare le asana più complesse o conoscere la teoria dello yoga. La sfida è lavorare sul ritiro dei sensi perché siamo costantemente bombardati.
Le Tecniche di Pratyahara e il ritiro dei sensi: Oltre Yoga Nidra
Oltre a yoga nidra, ci sono altre tecniche di pratyahara importanti. Una è il japa, la ripetizione di suoni (mantra), su cui lavoreremo in seguito. Un’altra è Kaya Sthairyam, che significa immobilità totale del corpo. Potrebbe sembrare semplice, ma se ci pensi, stare completamente immobili, senza grattarsi, toccarsi o muoversi, è una bella sfida. Ci vogliono circa 20 minuti perché le cellule del corpo inizino a “mollare” in questa immobilità. Prima di quel tempo, è solo preparazione.
Poi c’è Antar Mouna, un’altra pratica che ci porta un po’ più avanti. Con Antar Mouna, iniziamo a “cecchinare” i pensieri, a osservarli. Dopo esserci rilassati e aver calmato la mente, osserviamo i pensieri che emergono, li creiamo, li osserviamo e li “disintegriamo”. È come una palestra per la mente. A volte emergono ricordi o immagini, ma l’obiettivo è lasciarli andare. Antar Mouna ci insegna a osservare i nostri pensieri anche nella vita quotidiana, quando ci accorgiamo di “tirarci delle storie” che non c’entrano con il momento presente.
Il Nemico Numero Uno: Le Distrazioni Esterne
Qual è il nemico principale del ritiro dei sensi? Non è la mente, come si potrebbe pensare all’inizio, ma un nemico esterno: i telefoni e le onde che emettono. L’utilizzo eccessivo dei cellulari crea una forte dipendenza ed è un ostacolo al pratyahara. I maestri ci dicono di ridurre il numero di volte in cui usiamo il telefono, di metterlo via quando siamo a casa, anche se ci crea ansia. Creare una “scatolina” dove riporre il telefono all’arrivo a casa può essere un buon modo per staccare.
Disciplina è Libertà: La Costanza nella Pratica
Per progredire nello yoga, è fondamentale la disciplina. Sembra un paradosso, ma disciplina è uguale a libertà. Dobbiamo lavorare costantemente per controllare la nostra mente, che è come un leone. Ogni volta che molliamo la pratica, facciamo due passi indietro. I veri maestri sono quelli che praticano costantemente, che sono coerenti e raccontano anche i loro limiti. Non fidarti di chi dice di non aver più bisogno di praticare perché è “illuminato”.
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