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Le tre strade
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Le tre strade

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Le Tre Strade: Soddisfare, Evitare, Mantenere

Tendenzialmente, abbiamo tre modi di reagire a questo “bagaglio” interiore.

  • Il primo è cercare di far sì che quello che succede fuori combaci con quello che abbiamo dentro. Cerchiamo di soddisfare i nostri desideri basandoci sui nostri schemi interni. Se, per esempio, nella nostra crescita la felicità era associata al comprare un campo, tenderemo a cercare di comprare campi nella vita. Tutto ciò che si allinea con i nostri schemi ci fa stare bene.
  • Il secondo è cercare di evitare ciò che è fuori dal nostro schema, le situazioni scomode. Chi non ha mai sperato che un problema interno si risolvesse da solo o che qualcun altro intervenisse? Cerchiamo di evitare le situazioni che ci mettono a disagio perché siamo fondamentalmente “semplici”.
  • Il terzo è cercare di mantenere il più a lungo possibile ciò che ci fa stare bene, quella sensazione di felicità. Un po’ come essere in vacanza su una spiaggia e desiderare che non finisca mai.

I Limiti della Mente Razionale e la Necessità di Agire Altrove

Per lavorare su questi tre aspetti, non possiamo affidarci solo alla mente razionale. Siamo programmati in questo modo, è qualcosa di profondamente radicato in noi. Per quanto possiamo fare sedute psicologiche, lavoreremo sulle reazioni, ma la mente è come un fiume in piena, difficile da fermare. Per farlo, dobbiamo entrare in un altro livello.

L’Importanza della Consapevolezza e il Lasciar Andare

Per invertire la tendenza dei desideri infiniti in un pianeta finito, dobbiamo agire sull’origine del problema, non solo sui sintomi esterni come l’inquinamento. Un professore del MIT di Boston, Otto Scharmer, con la sua “Theory U”, suggerisce che prima di poter migliorare il mondo, dobbiamo lasciare andare (droppare) le nostre convinzioni attraverso delle pratiche. Dopo aver lasciato andare, è importante centrarsi e poi riprogrammare le nostre abitudini. La chiave è l’avvicinamento dell’uomo alla coscienza, non solo l’agire sul pianeta. Il desiderio, secondo il maestro, è il male più grande perché alimenta bisogni sempre maggiori, mentre dovremmo concentrarci sui bisogni primari. Invece di inseguire costantemente qualcosa di più (una casa più grande, una vacanza più esotica), la vera via è quella della riduzione mentale, non materiale. Non si tratta di diventare asceti, ma di essere consapevoli. Dobbiamo vivere utilizzando il mondo, non esserne schiavi (Karma Yoga).

Questo va a riprogrammare questo approccio definito “le tre strade”.

Lavorare a Livello Energetico e Strutturale

Per ridurre lo stato mentale di agitazione, è necessario un lavoro olistico che coinvolga i diversi corpi (kosha) e agisca a livello energetico. Questo significa anche modificare l’alimentazione (Anna Maya Kosha) seguendo buone regole (dinacharya), come dormire il giusto numero di ore in base alla propria costituzione. Poi c’è la parte energetica (Pranamaya Kosha), dove il mantra gioca un ruolo importante. Seguono il corpo mentale (Mano Maya Kosha), la sede delle emozioni e dei sentimenti, il corpo intuitivo (Vijnana Kosha), legato alla chiaroveggenza e alla chiaroudienza, e infine il corpo della beatitudine (Ananda Maya Kosha), lo stato di pace costante, senza desideri e senza la necessità di evitare o mantenere alcunché. I maestri tendenzialmente vivono in questo kosha.

La Mente Instabile, le tre strade e l’Aiuto di un Ambiente Nuovo

Scappare da una situazione difficile può dare un sollievo temporaneo, ma se la mente non è stabile, i problemi tendono a ritornare. Un ambiente diverso può aiutare, ma se non c’è un cambiamento interiore profondo, le vecchie dinamiche si ripresentano. Anzi, a volte allontanarsi troppo dal proprio ambiente può innescare sensi di colpa. Un maestro stabile, invece, non agisce per simpatia o antipatia, ma in base al “flusso” (come nel Tao).

L’Importanza della Pratica Costante

La pratica, come sottolinea Elisabetta, aiuta a mantenerci sulla giusta strada e a “ripulire” la mente. Anche se alcuni pensieri possono tornare, la pratica costante li attenua. Non è la razionalità a ridurre i pensieri, ma un lavoro più “laterale”, profondo. “Proprio la pratica fa tutto”, dice Elisabetta.

Anche per quanto riguarda il Pranayama, è importante non forzare e procedere con calma, ascoltando il proprio corpo. Nick racconta di trovare beneficio dalla pratica costante, sentendosi più sciolto, presente e connesso, anche se fatica ancora a dormire. Il maestro raccomanda di continuare la pratica senza mollare, adattandola alle proprie esigenze e senza forzare. L’equilibrio è fondamentale.

Anche nei momenti di crisi, quando la pratica sembra non funzionare, bisogna continuare. Se ci si concentra troppo sul risultato immediato, si ricade negli stessi schemi della vita quotidiana. La pratica costante porta all’armonizzazione e aiuta a “salire”.

Oggi abbiamo affrontato le tre strade come argomento di discussione. Spero che questo articolo vi sia piaciuto.

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